top of page

L’esodo giovanile italiano: un fenomeno inarrestabile

Negli ultimi anni, l’emigrazione dei giovani dall’Italia ha ripreso a crescere con ritmi allarmanti, tornando ai livelli precedenti alla pandemia.





Secondo i dati della Fondazione Nord Est, ripresi da Il Sole 24 Ore, nel biennio 2022-2023 circa 100.000 giovani italiani hanno lasciato il Paese, mentre solo 37.000 sono tornati, spesso attirati da agevolazioni fiscali.


Il quadro complessivo del fenomeno, analizzato tra il 2011 e il 2023, è ancor più preoccupante: a fronte di 550.000 cancellazioni dall’anagrafe, i rientri sono stati appena 172.000, lasciando un saldo negativo di 377.000 persone.


E questo dato potrebbe essere addirittura sottostimato, poiché molti giovani che si trasferiscono all'estero non si iscrivono all’AIRE, rendendo la situazione ancora più critica. L'emergenza, purtroppo, non è nuova, ma ciò che stupisce è l’incapacità di invertire la rotta. Con la fine della pandemia, il fenomeno ha ripreso vigore, dimostrando come l'Italia fatichi a creare opportunità concrete per trattenere i suoi talenti.





I giovani più qualificati continuano a cercare altrove le prospettive di crescita professionale che non riescono a trovare nel proprio Paese. Questa fuga di cervelli si inserisce in un contesto già segnato da una grave crisi demografica: tra il 2000 e il 2024, il numero di giovani italiani è sceso da 13,5 a 9,1 milioni. A essere colpito è sia il Nord del Paese, che ha registrato una perdita di quasi 180.000 giovani, sia il Sud, che ne ha visti partire 141.000 nello stesso periodo. Il dato più allarmante, però, è che oltre un giovane su tre è pronto a lasciare l’Italia in cerca di migliori opportunità lavorative e salariali.


Le differenze retributive sono marcate: un laureato che emigra guadagna mediamente il 56% in più rispetto a chi rimane, con un divario che si allarga al 58% dopo cinque anni. Questa realtà rappresenta una sfida cruciale per il futuro dell’Italia. L’emorragia di giovani e talenti non solo impoverisce il tessuto produttivo, ma mina anche le basi per uno sviluppo sostenibile e innovativo nel lungo periodo.’

170 visualizzazioni0 commenti

Comments


bottom of page