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Contenimento dei flussi migratori: l'Italia sperimenta nuove strategie in Albania

L’arrivo della nave in Albania che ha trasferito 8 migranti al centro di frontiera allestito dall’Italia a Gjader, inaugura una nuova tappa nelle politiche di gestione dei flussi migratori.





Con l'aggiornamento delle normative, l’Italia ha recentemente rivisto la lista dei cosiddetti “paesi sicuri”, i paesi dai quali provengono persone per cui si presuppone generalmente un rischio minore di persecuzione. Questo implica che chi richiede asilo e proviene da uno di questi paesi ha meno probabilità di ottenere protezione in Italia, a meno che non dimostri rischi specifici. Ma resta aperta una questione di fondo: come viene definita e aggiornata questa lista? Paesi considerati “sicuri” come l'Albania, ad esempio, continuano ad essere oggetto di monitoraggio, e il dibattito sui criteri per qualificare un paese sicuro rimane acceso.


Questa operazione ci riporta inevitabilmente al recente scontro tra politica e magistratura in merito ai respingimenti e alla gestione delle richieste di asilo. La politica, da una parte, difende la linea di “protezione esterna” delle frontiere, sostenendo la necessità di contenere i flussi in centri di accoglienza fuori dall’Italia. La magistratura, dall’altra, si trova a dover verificare la conformità di queste misure con le norme nazionali e internazionali, non sempre allineate agli obiettivi politici. Queste tensioni istituzionali riflettono le difficoltà di conciliare sicurezza, solidarietà e tutela dei diritti.


Un altro elemento su cui riflettere è il bilancio costi-benefici di queste operazioni: è giusto impegnare un’intera nave per il trasferimento di sole otto persone?


Da una parte, le spese sostenute fanno parte dell'impegno per rafforzare il controllo delle frontiere e offrire strutture sicure e organizzate. Dall'altra, la gestione delle risorse pubbliche richiede valutazioni oculate, soprattutto in un contesto di crescenti esigenze sociali interne.

Infine, per quanto riguarda la convalida del trattenimento, prevista per il 10 novembre, ci troviamo di fronte a un’importante decisione dei tribunali italiani. Il provvedimento dovrà stabilire la legittimità del trattenimento di questi migranti fino all’esito delle loro richieste di asilo, ma molti tribunali finora non hanno confermato queste misure, mantenendo in sospeso il quadro giuridico. Sarà interessante vedere se la convalida sarà confermata o se emergeranno ulteriori criticità nell'applicazione di queste nuove norme.


Per capirne di più il RUO, sul punto, offre un approfondimento tecnico/ giuridico che potete leggere di seguito:


Il recente trasferimento di otto migranti dall'Italia al centro di frontiera di Gjader, in Albania, rappresenta un nuovo approccio nella gestione dei flussi migratori, sollevando questioni giuridiche e politiche complesse. Questo intervento si inserisce nel quadro delle misure introdotte con il Decreto Legge 10 marzo 2023, n. 20, noto come "Decreto Cutro", che mira a intensificare i controlli alle frontiere e a semplificare l’identificazione e il rimpatrio dei migranti irregolari. Una delle innovazioni normative del decreto è l'estensione della lista dei "paesi sicuri," ovvero paesi dai quali, salvo circostanze particolari, non ci si aspetta che i migranti provengano per cercare asilo in Italia. La lista ampliata include paesi dei Balcani, tra cui l'Albania, ritenuti abbastanza stabili da garantire la sicurezza e i diritti dei cittadini. In pratica, questo aggiornamento implica che i migranti provenienti da tali paesi abbiano meno probabilità di ottenere la protezione internazionale in Italia, a meno che non possano dimostrare rischi specifici e concreti. L’obiettivo del Decreto Cutro è infatti di snellire i procedimenti di asilo e favorire un più rapido rimpatrio o trasferimento in stati terzi, stabilendo accordi bilaterali con paesi limitrofi, come appunto l'Albania.


Tuttavia, l'applicazione di queste norme ha generato tensioni tra potere politico ed autorità giudiziaria. Se da un lato il governo difende il diritto a tutelare i confini, riducendo i tempi di permanenza dei migranti nel territorio nazionale, dall’altro i giudici devono valutare la conformità delle misure alle norme internazionali sui diritti umani. Un nodo cruciale è la convalida del trattenimento dei migranti nelle strutture albanesi, che dovrà essere esaminata dai tribunali italiani il prossimo 10 novembre. Questa procedura di convalida è essenziale per garantire che i migranti abbiano accesso a una valutazione equa e imparziale delle loro richieste di asilo, rispettando il principio del non-refoulement sancito dalle convenzioni internazionali.


Su questo punto, la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (C-564/18) fornisce un riferimento fondamentale: la Corte ha stabilito che gli Stati membri non possono trasferire migranti verso paesi terzi senza assicurarsi che i loro diritti fondamentali siano rispettati in modo equivalente a quello garantito nell'Unione Europea. In particolare, la Corte ha chiarito che, nel trasferimento verso un “paese sicuro,” lo Stato membro deve fornire garanzie concrete affinché il migrante non sia esposto a trattamenti inumani o degradanti e possa esercitare effettivamente il diritto di asilo. Alla luce di questa sentenza, l’operazione di trasferimento dei migranti dall'Italia all'Albania, prevista dal Decreto Cutro, pone interrogativi sulla conformità al diritto dell’Unione, sollevando dubbi sul rispetto delle garanzie necessarie per la tutela dei diritti fondamentali.


Inoltre, la prassi di trattenere i migranti in strutture al di fuori dell'Italia è stata oggetto di critiche da parte delle associazioni umanitarie, che sollevano dubbi sulla qualità delle condizioni di accoglienza e sull’effettivo rispetto dei diritti dei richiedenti asilo. La Corte Costituzionale ha già segnalato in passato che il trattenimento dei migranti è una misura che deve essere applicata solo come extrema ratio, ovvero solo nei casi in cui altre misure alternative non siano percorribili. Il Decreto Cutro, al contrario, accentua il ricorso al trattenimento come strumento ordinario di gestione dei flussi migratori, andando incontro a possibili impugnazioni legali. In questo contesto si inserisce l'intervento della magistratura che, nelle scorse settimane, ha già bloccato alcuni tentativi di respingimento, ritenendo che tali pratiche siano in contrasto con i principi costituzionali di tutela della dignità umana e del diritto d’asilo. In particolare, il dibattito si è acceso su come bilanciare la tutela dei diritti fondamentali dei migranti con le esigenze di sicurezza nazionale e gestione dei flussi.


La politica di trasferimento verso paesi terzi, con la promessa di strutture all’avanguardia e condizioni dignitose, richiede in ogni caso uno scrutinio giuridico accurato, poiché i diritti fondamentali non possono essere subordinati esclusivamente a logiche di sicurezza. Sul piano pratico, il Decreto Cutro prevede inoltre la possibilità di impiegare risorse finanziarie e mezzi straordinari, come navi appositamente dedicate, per gestire il trasferimento di piccoli gruppi di migranti, come nel caso degli otto trasferiti in Albania. Questa scelta solleva questioni di natura economica e sociale, poiché richiede risorse significative per operazioni che coinvolgono un numero esiguo di persone. Le implicazioni di tale politica, a fronte dei costi, vengono discusse con crescente preoccupazione. Mentre il governo italiano sostiene che tali spese siano giustificate nell’ottica di una maggiore sicurezza dei confini e di un alleggerimento del carico sulle strutture italiane, alcuni osservatori sollevano interrogativi sull’efficacia complessiva della misura e sulla sua proporzionalità.


La situazione resta dunque fluida e la decisione dei tribunali sulla convalida del trattenimento potrebbe rivelarsi cruciale per chiarire la legittimità di questo nuovo approccio, stabilendo un precedente importante per i futuri sviluppi della politica migratoria italiana ed europea.



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