Luisa Festa, sociologa, già consigliera di parità ed effettiva della provincia di Napoli e oggi consigliera di parità supplente della Regione Campania, partecipò, nel settembre del 1995 alla IV e ultima Conferenza mondiale delle donne che ebbe luogo a Pechino con 5.307 delegati di 189 governi.
Come raccontato in un'intervista a DonnaClick, in collaborazione con RUO, "fu un importantissimo evento che segnò un momento essenziale per la conquista dei diritti delle donne, il risultato di due decenni di azioni e di strategie poste in essere dall'ONU per la condizione della donna a livello globale. In effetti, la prima conferenza mondiale delle donne avvenne nel 1975 a Città del Messico, poi seguita da quella del 1980 a Copenaghen, del 1985 a Nairobi e, infine, del 1995 a Pechino, dove finalmente i diritti delle donne furono riconosciuti in quanto umani e inalienabili. Inoltre, si affermarono i principi dell'empowerment e il mainstremaing".
Luisa Festa, autrice del libro Sguardi di donne. A 30 anni della IV Conferenza Mondiale delle Donne, edito da Luisa Festa & Delta 3 Edizioni, a cura dello scrittore Michele Miscia, ha spiegato che ha scelto di pubblicarlo perché "ritengo importante conservare dall'oblio ognuna delle tappe dell'evoluzione femminile perché in questo modo si riafferma l'importanza dei diritti conquistati e se ne promuove, quindi, la reale applicazione. Inoltre, vuole essere anche un contributo per raccontare alle nuove generazioni le conquiste ottenute e passare il testimone per una società più equa e attenta ai diritti delle donne".
Qual è la situazione dell'Italia quasi 30 anni dopo Pechino?
"Da allora molte conquiste sono state ottenute dalle donne in Italia, soprattutto nell'ambito della politica, del lavoro, dell'economia. Però, voglio anche sottolineare che, 30 anni dopo Pechino, per quanto riguarda la rappresentanza femminile in Parlamento, c'è una diminuzione del 32%, in calo rispetto al governo precedente con il 40%. Tuttavia, abbiamo la prima donna alla Presidenza del Consiglio, Giorgia Meloni, e la prima donna come segretaria del PD, Elly Schlein. Ma voglio pure segnalare che abbiamo la prima presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, ricordando che solo nel 1965 abbiamo ottenuto la prima magistrata perché nei primi anni del Novecento era vietato".
"Quindi, il cammino è stato molto faticoso e ci sono volute tante battaglie delle donne per poter affermare i diritti in ogni ambito della società. Ma la strada è ancora molto lunga. L'Italia si pone agli ultimi posti in Europa nell'occupazione femminile. Siamo ancora al 65% e non abbiamo raggiunto, pertanto, il 75%, come imposto dall'UE a tutti i Paesi. Inoltre, in Italia la maternità resta ancora un problema perché più del 40% delle donne, ex lavoratrici, dichiarano di avere smesso di lavorare per dedicarsi ai figli o a persone non autosufficienti per mancanza di servizi: si tratta di un problema grave perché, nonostante la disoccupazione, le donne continuano a licenziarsi per il motivo della maternità e questo è uno dei problemi che ancora non abbiamo risolto".
Quali azioni normative andrebbero intraprese per quanto riguarda la violenza di genere? O bastano le attuali?
"Si tratta di un problema molto importante perché una donna su tre, nel corso della vita, ha subito un forma di violenza, ma troppe volte le donne sono lasciate sole nell'affrontare processi che durano anni. Quindi, cosa fare? Importante soprattutto lavorare sulla prevenzione, sulla formazione nelle scuole e non soltanto qui, per dare più conoscenza per combattere gli stereotipi. Infatti, la violenza si forma sull'evidente discriminazione in ogni ambito della società. Pertanto, se non viene contrastata la violenza, non ci troveremo mai in una società democratica e libera".
"In effetti, viviamo ancora in una società patriarcale, dove l'uomo non accetta questa progressione e autonomia delle donne che chiedono indipendenza economica, importante per liberarsi dalla violenza. Voglio anche ricordare che la legge contro la violenza sessuale fu approvata solo nel 1996, subito dopo la Conferenza di Pechino, durante la quale 189 Paesi s'impegnarono a sottoscrivere 12 aree critiche, tra cui quella della violenza e il governo italiano, come prima azione, si dedicò subito alla legge e fu nominata, per la prima volta, una ministra per le pari opportunità, cioè Anna Finocchiaro".
"Pechino, pertanto, fu un motore fondamentale per tutti i Paesi per attivarsi per la parità di genere e per contrastare tutte le discriminazioni sessuali. Tuttavia, per raggiungere l'obiettivo della parità di genere, secondo i dati statistici, ci vogliono ancora 131 anni. Dunque, bisogna lavorare molto su questo fronte e non abbassare mai la guardia. Insomma, per contrastare la violenza di genere, è necessario coinvolgere tutti i soggetti interessati: servizi sociali, ospedali, procure, associazioni datoriali, centri antiviolenza... Bisogna costituire tavoli istituzionali da convocare una volta al mese non solo per scambiare dati ma anche metodologie e pianificare interventi concreti".
Qual è il suo messaggio alle istituzioni europee e italiane riguardo l'urgenza di allineare le loro politiche e leggi con la classificazione della violenza contro le donne come crimine contro l'umanità?
"Sono molto d'accordo di nominare la violenza contro le donne come crimine contro l'umanità perché è ormai un fenomeno allarmante e strutturale. E voglio anche ricordare che, di recente, c'è stata l'approvazione da parte del Consiglio dell'UE della cancellazione che, senza consenso, è stupro. Infatti, è stato abrogato l'articolo 5 della Convenzione di Istanbul, che definiva lo stupro come rapporto sessuale non consensuale ed è stata eliminata la necessità di fare formazione ai magistrati e alle forze dell'ordine da soggetti specializzandi. Quindi, stiamo tornando indietro. Mi auguro che sicuramente ci sarà qualche emendamento per riprendere a pieno titolo la Convenzione: è importante che quest'appello provenga anche dall'Europa e che ci sia da parte di ogni Paese l'unanimità alla costituzione di azioni contro la violenza e ogni forma di discriminazione, come quella sessuale. Ci sono, insomma, molte cose da fare a 30 anni da Pechino, quando raggiungemmo dei diritti molto importanti per le donne".
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